Appariva a suo agio il capo dello Stato nell’anfiteatro color blu cielo di Mariapoli. Sergio Mattarella nella voce e nel volto non ha mostrato tensione, ha parlato rilassato, in un contesto che sentiva a lui vicino. Alla vigilia del delicato snodo del voto in Emilia Romagna ha concluso il suo intervento con parole che qualcuno legge come una sorta di monito: «Si può essere forti, molto forti, pur essendo uniti e aperti alle buone ragioni degli altri. Per dirla con sincerità, come dimostra la vita di Chiara Lubich, soltanto così si è veramente forti». E dire che, secondo la scaletta ufficiale delle celebrazioni di Cadine, cadenzata da dosati tempi teatrali, il presidente della Repubblica non sarebbe dovuto intervenire. Ma lo ha fatto. Innestando su un canovaccio di testo già preparato, concetti a braccio che gli sono stati suggeriti sia dalla narrazione che dagli interventi dei relatori che Mattarella ha dimostrato di aver ascoltato con attenzione, citandoli con puntualità. I temi erano quelli legati a filo doppio ad altri grandi protagonisti trentini della caratura di Lubich: come don Guetti, in un momento non facile per talune sfaccettature della cooperazione di casa nostra, o dello stesso Alcide Degasperi tirato per la giacca dai partiti spesso e volentieri.
Undici autovetture
Il corteo presidenziale formato da 11 automobili è arrivato nel piazzale di Mariapoli alle 15.50: Mattarella ha viaggiato dall’aeroporto di Verona a bordo di un’Audi nera con il tricolore sui due lati del cofano. Al suo fianco, come più tardi durante la cerimonia, la figlia Laura, dal febbraio del 2015 First Lady Italiana. In leggero anticipo sulla sua entrata nella sala principale, dieci minuti, il presidente ha incontrato prima i due governatori, il trentino Maurizio Fugatti ed suo collega altoatesino Arno Kompatscher.
L’incontro con i governatori
In particolare Fugatti aveva visto formalmente Sergio Mattarella solo alle esequie per Antonio Megalizzi: in precedenza infatti, quando il trentino sedeva in Parlamento, il politico palermitano era alla Corte Costituzionale. Ieri il presidente della Provincia si è anche premurato di invitarlo ufficialmente in Trentino per il 35° anniversario della tragedia di Stava che cadrà il 19 luglio prossimo. Ma Kompatscher e Fugatti, trovando un interlocutore molto informato sulla situazione, hanno colloquiato con il capo dello Stato, toccando le recenti incertezze sulla formazione del bilancio delle Autonomie, sui temi finanziari in genere, citando l’Accordo di Milano ed il successivo Patto di garanzia. Ricordando il non piccolo contributo passato delle due Province al risanamento dei conti del governo.
Più tardi il presidente della Repubblica ha invece impostato il proprio intervento innestando le parole e gli scritti di Chiara Lubich nelle vicende dell’oggi: «Il concetto di unità rappresentato dalla vita e dagli insegnamenti della fondatrice del Movimento dei focolari non si esaurisce nell'ambito della Chiesa. E senza pregiudizi né barriere perché la fraternità è valore universale. Chiara Lubich la considerava come una categoria politica» ha ricordato il capo dello Stato.
Un pensiero attuale
Il presidente ha citato poi le parole pronunciate da Chiara in occasione di un incontro a Stoccarda, nel 2004: «Espressione della fraternità in politica è amare la patria, quella altrui come la propria. Più dignitoso per l'umanità sarebbe infatti quella di sentirsi un solo popolo, arricchito dalla diversità di ciascuno e per questo custode, nell'unità, delle differenti identità». Mattarella ha dedicato un passaggio anche all’Europa: «Perché senza fraternità rischiamo di essere esposti al dominio degli interessi o delle paure che nascono dai cambiamenti. E rischiamo di non avere la forza per superare le diseguaglianze». Tutti in piedi, per un applauso che sembrava non finire più.
Gianpaolo Tessari