GIORGIO LACCHIN
«A Trento tutti dicono di sapere tutto di Chiara ma alla fine nessuno sa niente».
Paolo Crepaz è il presidente del comitato promotore del Centenario Chiara Lubich a Trento, un evento che vivrà i momenti più importanti il 25 gennaio al Centro Mariapoli di Cadine - all' incontro parteciperà il presidente della Repubblica, Mattarella - e l' 8 e il 9 febbraio in occasione del raduno internazionale dei cardinali e vescovi amici del Movimento.
Crepaz, ci dia qualche numero sul Movimento dei Focolari.
«Siamo presenti in 182 Paesi, i membri sono 110mila, gli aderenti 2 milioni. In Trentino Alto Adige i membri sono forse un migliaio - quelli che incontriamo più volte all' anno - ma Chiara non si esaltava per i numeri, e neanche noi».
A Chiara importava solo il numero dei passi.
«Eh già... Un giorno ero con lei davanti a un' importante assemblea e dovevo parlare: se noi e voi siamo divisi da cento passi - dissi a un certo punto del discorso - noi dobbiamo farne 99. Ma subito Chiara mi toccò il braccio: cento dobbiamo farne, mi sussurrò. Cento. Questa era Chiara».
Chiara è morta il 14 marzo 2008. Voi che avete vissuto accanto a lei vi sarete chiesti: e adesso cosa facciamo?
«Fedeltà creativa, ecco quel che facciamo. Vuol dire che adesso tocca a ciascuno di noi trovare, nel quotidiano, la risposta».
E da dove si parte?
«Al centro della nostra esperienza c'è la Parola di vita commentata. Ognuno di noi l' ha in tasca, materialmente. E ai focolarini che camminano al nostro fianco diciamo anche: siate adeguatamente preparati. Invitiamo i membri a leggere il giornale tutti i giorni, tra l' altro».
Scusi un istante, possiamo confessarle una cosa?
«Ma certo».
L' altro giorno siamo passati davanti a una grande libreria del centro: una vetrina è interamente dedicata ai gadget del Centenario.
«Posso confessare una cosa?».
Ovvio.
«Sui gadget abbiamo discusso per lunghi mesi. Lunghissimi, per la verità. Non volevamo "il mercato" però ci siamo detti: per il centenario le persone verranno da ogni parte del mondo, degli amici africani ci hanno detto - papale papale - che verranno in pellegrinaggio a Trento. E ai figli cosa porteranno? Perché tutti portano a casa qualcosa quando vanno tanto lontano».
Lo sappiamo.
«Allora ci siamo detti: facciamo almeno che portino un messaggio, così abbiamo scelto degli oggetti che avessero lo stile di Chiara: la borraccia al posto della bottiglietta di plastica, il dado e il magnete con il legno di Vaia, un tipo di shopper che sia utile per davvero quando si va a fare la spesa. E la mostra su Chiara è alle Gallerie di Piedicastello, uno spazio recuperato. Capito?».
Ma cosa pensano di voi i trentini?
«Allora. Non abbiamo organizzato il centenario chiedendo contributi, ma abbiamo chiesto alla Chiesa, alla Provincia e al Comune: come organizzereste, voi, il centenario? Abbiamo costruito questo percorso insieme e ci hanno dato corda per un motivo: voi focolarini siete credibili, hanno detto».
Ma voi cosa volete che sia questo evento?
«Premesso che per il centenario sono attese 25mila persone, vogliamo che sia un' occasione per tutti. Un' opportunità discreta».
Cioé?
«Rispettosa del pensiero di tutte le persone. Ad Amman, in Giordania, Chiara disse: sogno un mondo unito nella varietà delle genti. Ecco: questa è una frase discreta, rispettosa del pensiero di tutti».
Chiara leggeva le frasi del Vangelo con le sue compagne.
«In ogni frase è riassunto tutto il Vangelo, amava ripetere. I primi incontri avvennero in via San Marco vicino alla chiesa, nella Sala cardinal Massaia».
Ma il primo focolare fu in piazza Cappuccini 2.
«L' appartamento era di Raffaella Pisetta e Chiara aveva 23 anni. Era il 1943».
Com' era visto quel primissimo gruppo?
«Le focolarine erano considerate protestanti, comuniste, fuori di testa: donne laiche che vivono insieme, praticano la comunione dei beni, leggono e commentano il Vangelo. Queste sono pazze! dicevano, perché non si era mai visto che i laici leggessero e commentassero il Vangelo per conto proprio. Questo era appannaggio soltanto delle chiese evangeliche, luterani e anglicani ad esempio».
Il Vangelo va vissuto non solo dai tetti in su, ma dai tetti in giù, diceva Chiara.
«Cioè fra la gente, nelle fabbriche, negli uffici. Dovunque. E l' obiettivo delle prime focolarine era principalmente uno: contribuire a risolvere il problema sociale di Trento: la povertà, perché la guerra aveva messo in ginocchio la città. Ecco dove nasce la comunione dei beni: mettiamoli assieme per rispondere ai bisogni dei trentini, pensava Chiara. E in piazza Cappuccini qualcuno arrivava portando la farina per qualcun altro...L' obiettivo di Chiara non era di creare un movimento».
Fra i primi compagni c' erano molti operai.
«Il focolare è il luogo dove non c' è più operaio, medico, regista, deputato o giornalista: ci sei tu, ci sono io, ci siamo noi, figli di Dio. Io, tu e gli altri, tutti alla pari, come a casa, dove ti vogliono bene e non hai bisogno di "maschere"».
Perché il focolare?
«Il ritrovarsi in piccoli gruppi è per sperimentare tra di noi cosa vuol dire amare e volersi bene, e per imparare e capire come devi amare quelli che incontrerai».
Il Movimento non è un' associazione, non ha tessere.
«Il Movimento è un' ispirazione, un messaggio. Una spiritualità. Vuoi vivere da focolarino? Devi piangere con l' umanità che soffre, diceva Chiara. Solo soffrendo puoi parlare all'umanità che soffre».
Cosa possono dire i focolarini al mondo globalizzato?
«Siamo in un mondo globale, questo è certo, ma io ho bisogno della mia identità. Come possiamo mettere assieme unità e diversità? Con il dialogo. Un dialogo che non smette mai. Offrendo, poi, la mia identità come dono all' altro. E quando l' altro mi offre la sua identità la ricevo come un dono. Unità nella diversità, questa l' intuizione di Chiara».
Ma non c' è il rischio che questo modo di procedere impedisca di formulare un giudizio? Non si rischia di annacquare i valori?
«Per nulla. Il nostro è un dialogo tra identità, e noi non chiudiamo mai la porta al dialogo, neanche di fronte al peggiore tra i criminali. Perché c' è un disegno anche su di lui, e il tuo sguardo può permettergli di vederlo e capirlo. E afferrarlo».
Come procede la causa di beatificazione di Chiara Lubich?
«È terminata la fase diocesana e adesso è in Vaticano».
A Chiara sono stati attribuiti dei miracoli?
«Non ci sono miracoli, per ora, ma se devo essere sincero ci appassiona il fatto che Chiara non sia ancora santa, così la gente può scoprire la sua dimensione laica».
E lei, Crepaz, come sta vivendo queste giornate febbrili?
«Adesso tutti sanno che sono un focolarino; proprio tutti. Io però voglio essere visto come una persona che ama. Semplicemente. Sono un fisiatra e medico dello sport e voglio essere amato dai miei pazienti perché li curo. Tutto qui».