Una donna capace di pensare il nuovo

L'osservatore Romano

Un secolo fa, il 22 gennaio 1920, nasceva a Trento Chiara Lubich. Una donna capace di cogliere i bisogni e di pensare il nuovo, una donna mai sopraffatta dalla storia perché in grado di offrire risposte attraverso l’Opera di Maria, movimento che si caratterizza per il suo tenere insieme mille differenze — di età, razza, sesso, credo... — in una complementarità totale. E nel fare tutto questo, Chiara Lubich ha sempre scelto il Vangelo come unico principio a cui conformarsi.

Il centenario — densissimo di appuntamenti — dovrà essere l’occasione per conoscerne meglio la vita e le opere, compito a cui concorre il nuovo e importante libro di Maurizio Gentilini, Chiara Lubich. La via dell’unità tra storia e profezia (Roma, Città Nuova, 2019, pagine 400, euro 19). Nuovo e importante perché inserisce la vita della fondatrice dei Focolarini — tra gioie e dolori, conquiste e momenti bui — nella storia del suo tempo. Che è anche la storia del nostro tempo.

Se sulla copertina campeggia lo sguardo vivace e penetrante di Chiara Lubich, quel suo sorriso aperto a dimostrazione di «quanto comunicare — nota l’autore — non significhi parlare, ma far capire agli altri il proprio messaggio», il libro di Gentilini ripercorre la nascita in una terra di frontiera, in una città prima periferia dell’impero austroungarico e poi neo-periferia del regno d’Italia, dove dalla fine dell’Ottocento il cattolicesimo sociale aveva riscattato dalla povertà intere generazioni, educando al senso della laicità e del bene comune, e influenzando la particolare sensibilità di Lubich nei confronti della questione sociale. Quindi la sua capacità di osservare e ascoltare pazientemente la realtà, di sperimentare — a contatto con le sterminate periferie materiali ed esistenziali — nuovi modi di vivere. E ancora, sempre prima di arrivare alle tappe più note della vita di Lubich, la nascita di una comunità sul modello della famiglia di Nazareth.

È — nota Maurizio Gentilini — «una nuova vocazione che si apre nella chiesa ancorata a schemi e paradigmi teologici e organizzativi ancora in gran parte codificati dal concilio di Trento quattro secoli prima». Al fondo di tutto, la spiritualità dell’unità, principio vitale alla base di ogni intuizione e realizzazione di Lubich, in grado di trasformare la vita delle persone più disparate.

Chiara Lubich, del resto, ha pensato il nuovo anche immaginando prima e realizzando poi un nuovo ruolo per le donne nella Chiesa. «Un giorno – racconterà lei stessa — ho avuto il coraggio di chiedere confidenzialmente a Papa Wojtyła se riteneva possibile sancire nei nostri statuti che il presidente dell’Opera fosse sempre una donna. Il Papa mi rispose di slancio: “E perché no? Magari!”». Un Magari che ha segnato una tappa luminosa nella storia della Chiesa cattolica sancendo questo principio di nomina.

Anche perché Chiara Lubich non ha solo individuato una finalità (donne e uomini che rispettano e praticano quel «maschio e femmina li creò»), ma ha anche indicato un metodo. Chiara Lubich è infatti una donna che parla alle assemblee di vescovi e viene ascoltata dai papi, senza rivendicare o attaccare. Il che è il risultato di uno stile e di una vicenda personali, il risultato del suo carattere e della sua fede. Perché — come già ricordato — tutto ciò che Chiara Lubich ha fatto lo ha fatto tornando al Vangelo, ascoltando il Vangelo, rendendolo guida concreta. Un aspetto questo che il libro di Gentilini ricostruisce in pagine chiare e profonde.

Un libro importante però perché dimostra in modo inequivocabile quanto Chiara Lubich abbia ancora molto da dire e da testimoniare al mondo di oggi. Un mondo che a 90 anni dal crollo di Wall Street, a 80 anni dallo scoppio della II guerra mondiale e 30 dalla caduta del Muro di Berlino si ritrova ancora diviso, in guerra, attraversato da terribili ingiustizie economiche. La vita di Chiara Lubich, i suoi obiettivi, le sue parole, il suo metodo offrono una luce. Una luce così forte da poter risultare per tanti versi impopolare. Ma è il destino dei grandi profeti la cui eredità sta a noi non disperdere.

di Giulia Galeotti